Il
financial fair play è stato efficace e ha centrato il suo obiettivo primario, ovvero ridurre le perdite dei club. Nel 2011, quando è stato varato, i 718 club Uefa perdevano 1,7 miliardi. Nel 2014 il rosso è calato a 0,5 miliardi. Nel 2017 si è assistito al cosiddetto turn around, con i club delle massime serie d'Europa che hanno registrato profitti pari a 600 milioni di euro. Il fair play finanziario si basa sul principio per cui non si può spendere più di quanto si incassa, ma questo ha reso quasi impossibile per chi era più indietro recuperare terreno. I club che erano più ricchi, partecipando quasi sempre alla Champions league che assegna oltre il 66% dei ricavi Uefa, hanno scavato un solco sia in patria che all'estero, tanto nell'albo d'oro delle competizioni che nelle classifiche di fatturato. Le entrate generate dai 20 top club sono cresciute in 25 anni di oltre 7 volte, da 1,1 miliardi di euro della stagione 1996/97 agli 8,2 miliardi della stagione 2020/21. Nella stagione 2003/04 la distanza tra la prima società europea per ricavi, il Manchester United (259 milioni), e la ventesima, l'Aston Villa (84 milioni) era contenuta con un rapporto di 3 a 1. Quindici anni dopo, i bilanci pre-pandemia 2018/19, mostrano divari amplissimi. Il rapporto tra la prima (il Barcellona) e la ventesima (il Napoli) e di 4 a 1. Tra la società con più entrate e la decima ci sono 380 milioni di differenza.
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